LIBIA - La guerra civile è iniziata

Publié le par Pierre PICCININ

Libia - La guerra civile è iniziata (Centre de Recherche sur la Mondialisation, 16 settembre 2011; et Le Grand Soir, 17 settembre 2011)

 

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                                                                                                   ©  Pierre PICCININ (agosto 2011)

   

 

 

 

 

 

Photos-illustration-2 3741 - Copie  Subito dopo l'adozione della Risoluzione 1973 del marzo scorso da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che permetteva l'intervento militare nello spazio aereo dello Stato libico, alcuni avevano profetizzato una fine rapida del capo del governo della Grande Jamahiriya Libica Popolare socialista, il colonnello Muammar Gheddafi.

 

Le previsioni sembravano credibili : la NATO non solo aveva distrutto la forza aerea del governo libico ma sosteneva anche l'avanzata della rivolta armata scoppiata ad est, garantendo il controllo dei cieli con il dispiegamento di aerei e navi da guerra dei sei membri della NATO coinvolti nell'azione. Con l'avvento della guerra moderna, nessuna offensiva di terra ha qualche possibilità di successo senza copertura aerea, tanto più quando il nemico occupa il cielo.

 

Si ricorda anche, a titolo d'esempio, come il potente esercito di Saddam Hussein nel 1991, era stato battuto senza quasi nessun impegno a terra. E il principio non è nuovo: così Israele, durante la Guerra dei Sei Giorni nel 1967, dopo esser riuscita ad annientare la forza aerea egiziana, aveva travolto le imponenti forze arabe ammassate nel Sinai.

 

Le forze armate libiche erano dunque condannate ad insabbiarsi nella difensiva, senza alcuna possibilità di riprendere l'iniziativa con il lancio di un'offensiva contro i ribelli dell'est.

 

Tuttavia, dopo più di sei mesi di combattimenti, la ribellione non ha ancora vinto, Gheddafi rimane introvabile e quasi metà del paese resiste ancora. Assediate da settimane, Beni Oualid e parte della Tripolitania rifiutano di arrendersi, come la provincia della Sirte, città natale del colonnello, e l'intero sud-ovest, il Fezzan e la città di Shebha.

 

Quello che i profeti di sei mesi fa non avevano considerato è la caratteristica essenziale del contesto socio-politico della Libia, e cioè la sua struttura tribale di clan frazionati, con le molteplici implicazioni che oggi riservano molte sorprese.

 

In primo luogo,in effetti, se le tribù dell'est si sono mostrate ostili al governo di Tripoli, le tribù dell'ovest gli sono sempre state fedeli. L'immagine ingenua e manichea di una rivolta del "popolo libico" contro il dittatore Gheddafi è così del tutto sbagliata.

 

D'altra parte, il problema sta nel fatto che non solo si combatte l'esercito regolare ma anche i partigiani, gli uomini e gli adolescenti dei clan, che si combinano con la popolazione. I bombardamenti aerei sono allora impotenti. A meno che si decida di distruggere interi quartieri delle città (quello che la NATO ha fatto a Tripoli e sembra fare a Sirte, causando un gran numero di vittime civili).

 

Infine, finora, i ribelli, in particolare i clan dell'est, hanno liberato dei territori che appartenevano alle loro stesse tribù. E' stato relativamente facile poiché combattevano solo contro l'esercito lealista. Ora le cose sono cambiate, poiché attaccano a ovest i territori di altre tribù, pro-Gheddafi, territori la cui popolazione si difende con le unghie e coi denti.

 

A questo si aggiungono altre difficoltà. Le prime divisioni emergono all'interno della ribellione: le tribù dell'est non hanno apprezzato il recente trasferimento a Tripoli del Consiglio di Transizione Nazionale, autoproclamato "governo della nuova Libia" e già contestato perché diretto sostanzialmente da ex ministri gheddafiani, accusati sempre più apertamente di opportunismo. Queste tribù chiedono il ritorno del governo a Bengasi, minacciando il ritiro. I capi dei clan, mai stati completamente sotto il controllo del CNT a cui obbediscono solo parzialmente, si rifiutano di consegnare le armi e desiderano conservare il controllo dei loro feudi. Soprattutto hanno fatto la loro apparizione centinaia di combattenti islamici, una struttura finora sconosciuta: ero a Bengasi al momento dell'offensiva su Tripoli, quando queste milizie si sono rivelate, e ho potuto costatare il panico del presidente al-Jalil e della maggior parte dei leader del CNT, di fronte a questo esercito parallelo.

 

Mentre la ribellione si divide, Muammar Gheddafi resiste, e se pare che abbia deciso di mettere al riparo la sua famiglia in diversi paesi africani, grati per l'aiuto economico ricevuto dalla Libia nei decenni scorsi (ricordiamo che l'Unione africana ha rifiutato di cooperare con la Corte Penale Internazionale nel mandato d'arresto contro Gheddafi), questo forse per poter meglio organizzare una resistenza di guerriglia in Libia, dove il Colonnello si trova tutt'oggi.

 

Nonostante le lunghe trattative che avrebbero dovuto consegnare Beni Oualid e Sirte al CNT, i capi delle tribù di queste due regioni rimangono fedeli al governo, ed è con la forza, vale a dire contro la volontà popolare dei libici dell'ovest, che si dovrà "conquistare" (non "liberare") quei territori.

 

In ogni caso, sembra ormai chiaro che Gheddafi ha il sostegno effettivo di una parte della popolazione, non solo dell'esercito e dei mercenari stranieri.

 

Due prospettive sono quindi possibili: il buon risultato dei negoziati tra la CNT e le tribù dell'ovest pro-Gheddafi (ma sembra che questo tentativo sia già fallito) o la guerra civile.

 

Si dirà che un vecchio beduino armato solo del suo kalashnikov, con la sua "aria folclorico" avvolto nel suo abito tradizionale e una tenda di pelle di cammello per casa, farà vacillare, magari per lo spazio di un momento, i disegni della prima potenza militare del mondo?

 

Traduzione dal francese : Silvia CATTORI

  

 

 
Legami utili : Centre de Recherche sur la Mondialisation e Le Grand Soir

 

 

 

 

(RTv - 7 settembre 2011)

 

 

  

Leggere anchere :

 

 - LIBIA – I demoni e le ombre della « Primavera araba »

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© Il presente articolo può essere liberamente utilizzato a condizione di citarne la fonte (http://pierre.piccinin-publications.over-blog.com).

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