SIRIA - Entrevista con Pierre Piccinin

Publié le par Pierre PICCININ

Siria - Entrevista con Pierre Piccinin (Corriere del Ticino, 3 agosto 2011)

 

Una rivolta complessa con cifre sfalsate... 

 

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                                                                    ©  photo Pierre PICCININ- HAMA (15 luglio 2011)

   

da Osvaldo MIGOTTO 

 

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La ribellione popolare contro il regime di Damasco e la conseguente repressione delle forze fedeli al presidente Assad si fanno di giorno in giorno più drammatiche. Abbiamo sentito la voce controcorrente di Pierre Piccinin, professore belga di Storia e Scienze politiche, da poco rientrato da un viaggio esplorativo in Siria.

Professore Piccinin, quanto è stato difficile entrare in Siria e per quanti giorni si è trattenuto nel Paese ?

Sono stato in Siria dal 10 al 23 luglio dopo aver chiesto un visto all’ambasciata siriana. Nel lungo formulario che ho dovuto compilare ho imbrogliato un po’ non dicendo che sono un professore di Scienze politiche, e affermando che ero interessato all’arte. Così con mia sorpresa ho ottenuto un visto turistico senza difficoltà. Giunto all’aeroporto di Damasco ho noleggiato un’auto con la quale ho potuto circolare liberamente per tutto il Paese, senza dover essere accompagnato da nessuno e senza dover spiegare a nessuno quale sarebbe stato il mio itinerario.

Da mesi il regime siriano vieta l’entrata nel Paese a giornalisti stranieri, mentre lei ha ottenuto il visto d’entrata senza problemi. Vuol dire che i giornalisti sono meno ingegnosi ?

Questo in effetti è un grande interrogativo. È vero che i giornalisti sono automaticamente scartati al momento della richiesta di un visto d’entrata per la Siria, ma la cosa che mi ha colpito è di non aver visto intrufolarsi nel Paese neppure altri ricercatori.Syrie - Hama

 

A mia conoscenza vi è solo Alain Gresh, del mensile francese “Le Monde diplomatique”, che è andato in Siria qualche giorno dopo di me.

 

Ritornando al mio viaggio, il 15 luglio ho visitato anche la città di Hama (dove la repressione del regime è particolarmente brutale n.d.r.). Malgrado lo sbarramento creato dall’esercito, mi hanno lasciato entrare, ho potuto scattare delle foto, parlare con la gente e alla fine andarmene con le mie foto senza problemi.

 

Qual è la cosa che durante questo suo viaggio l’ha impressionata di più ?

 

Quando sono arrivato in Siria mi immaginavo di trovare un Paese nel caos, in piena rivoluzione, e invece sono rimasto stupito dal fatto di aver trovato un Paese molto calmo.

A fine febbraio e in marzo vi era stata una forte opposizione interna e delle grandi manifestazioni. Poi la repressione è stata molto violenta e ha causato molti morti. Per cui ora la gente non osa quasi più uscire a causa di questa repressione. Quindi il Paese è piuttosto calmo e le manifestazioni hanno luogo soprattutto nei quartieri periferici con dei piccoli gruppi che mobilitano al massimo un migliaio di persone. Queste persone si raggruppano soprattutto all’uscita dalle moschee, ma quando vengono individuate dalla polizia vengono subito attaccate con tiri all’impazzata che finiscono per disperdere i manifestanti.

 

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                                                                            ©  photo Pierre PICCININ- HAMA (15 juillet 2011)

 

Quindi la situazione è saldamente nelle mani del regime ?

Sì, a parte nella città di Hama dove è ancora presente un forte movimento di protesta.

Mi sono recato a Hama di venerdì per vedere cosa accade alla fine della preghiera nelle moschee, e ho visto manifestare  circa diecimila persone. La sera quando sono rientrato ho invece letto un dispaccio dell’agenzia stampa AFP che parlava di mezzo milione di manifestanti. È una cifra del tutto errata.

A cosa attribuisce questa differenza ?

C’è un’organizzazione i cui resoconti vengono diffusi da numerosi media, ossia “l’Os- servatorio siriano dei diritti umani”, il cui presidente è Abdel Rahmane, molto conosciuto in Siria in quanto è un oppositore del regime da anni e ora vive a Londra e Stoccolma. Questo signore è molto legato al movimento dei Fratelli musulmani, principale gruppo di opposizione islamico al regime di Assad; per cui le informazioni che diffonde ritengo non siano affidabili.

Hanno detto che a Hama hanno manifestato contro il regime mezzo milione di persone, ma la città ha solo 370 mila abitanti. Entrando a Hama il 15 luglio, ho trovato una città calma, con i blindati dell’esercito che controllavano le vie d’entrata e gli incroci dei villaggi circostanti.

E la popolazione locale ?

Entrando in città ho visto i danni causati dagli interventi militari agli inizi delle manifestazioni, con auto e camion bruciati, strade e immobili rovinati.

Vi erano poi dei giovani dei movimenti islamici che dettavano legge a bordo delle loro moto. Quando ho mostrato loro il mio passaporto belga mi hanno detto che ero il benvenuto e potevo guardare quanto stava accadendo nella loro città.

 

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                                                                            ©  photo Pierre PICCININ- HAMA (15 juillet 2011)

 

 

Non ha mai assistito a degli scontri tra ribelli e forze governative ?

Solo durante la mia visita a Homs ho assistito a degli scontri, il 14 luglio, tra l’esercito e dei manifestanti. Una cinquantina di giovani dal volto coperto ha attaccato un posto di controllo della polizia, suscitando l’intervento dell’esercito. Sono comunque stati i manifestanti a sparare per primi contro l’esercito.

Ha parlato con i leader della rivolta ?

Non con i veri leader, in quanto la maggior parte si trova in Turchia, ma a Damasco ho parlato con i coordinatori di quartiere, ossia i giovani che coordinano le manifestazioni nei singoli quartieri; soprattutto quelli periferici, dove la popolazione è piuttosto povera e molto religiosa e gli islamici sono quindi piuttosto presenti.

Che idea si è fatto della crisi siriana ?

Il caso siriano è molto complesso. Non ci troviamo di fronte alle rivoluzioni popolari contro il governo. Questo c’è, ma solo in parte. Vi è il movimento islamico con i suoi interessi, a nord vi è una ribellione autonomista della regione turcofona, che ha pure i suoi interessi. Dunque vi sono vari gruppi con interessi differenti, e in alcuni casi questi gruppi attaccano le forze dell’ordine. Ci sono delle manifestazioni pacifiche dei sostenitori della democrazia disperse dall’esercito che spara sulla folla, ma ci sono anche dei casi in cui l’esercito viene attaccato.

 


Legami utili : Corriere del Ticino.

 

 
Ritaglio di stampa : Autre PDF 04-08-2011 

 

 

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